La prima colonia
fondata dagli achei, popolo di stirpe dorica,
proveniente dalla regione del Peloponneso
che si affaccia sul golfo di Corinto e sullo
Ionio, è Sibari (720 a.C. circa). La città,
al centro del golfo di Taranto, fu posta,
per difesa, fra i tratti terminali dei fiumi
Krathis e Sybaris (gli odierni Crati e Coscile),
le foci dei quali offrivano inoltre possibilità
di attracco. Sulle ultime propaggini dei
monti si trovano numerosi insediamenti indigeni,
che già entro la metà dell'VIII secolo a.C.
sono venuti in rapporto con navigatori greci
diretti alla già fondata Pithecusa o intenti
a esplorare siti favorevoli per nuovi insediamenti.
I ritrovamenti ceramici più antichi risalgono
all'ultimo quarto dell'VIII secolo e all'inizio
del successivo e sono costituiti dalle coppe
di tipo Thapsos, la cui presenza appare
distribuita in tutti i saggi che hanno raggiunto
il suolo vergine. L'installazione della
colonia di Sibari ha condotto ad una profonda
modifica delle situazioni di popolamento
precedenti. I siti posti tutt'intorno alla
pianura non appaiono più frequentati oltre
la fine dell'VIII secolo; oppure si trasferiscono
di localizzazione, come accade ad Amendolara.
La ridottissima conoscenza finora disponibile
a proposito della fondazione e della prima
generazione di vita a Sibari non permette
di impostare con sicurezza una ricostruzione
di questa delicata fase. Le vicende relative
ai primi tempi della vita della colonia
sono ignote ma qualche vago riferimento
negli autori antichi ci aiuta a delineare
il quadro di una grande e prospera città.
Il geografo Strabone afferma che Sibari
estese tanto il suo potere da imporre il
suo dominio a 4 popoli e 25 città; mentre
Diodoro Siculo tramanda la notizia che i
Sibariti erano assai ben disposti nel concedere
la cittadinanza agli stranieri. La fertilità
della pianura, in cui era situata, ne faceva,
dunque il principale centro di popolamento
della regione e uno dei maggiori del mondo
antico. è probabile che, accanto alla prevalente
attività agraria, presto si sviluppassero
le attività commerciali che fecero di Sibari
uno dei principali poli dell'Occidente.
Di fatto l'espansione di Sibari si ebbe
e portò all'invio sul versante tirrenico
di coloni a Laos, Scidro, Poseidonia probabilmente
entro la seconda metà del VII sec. a.C.
ed è anche assai verosimile che questi scali
servissero come basi di appoggio per la
navigazione di piccolo cabotaggio. La floridezza
di Sibari diventò nell'antichità un famoso
luogo comune, a cui si accompagnarono numerose
leggende e storielle, nelle quali sono facili
da scorgere la propaganda, spesso velenosa,
dei suoi avversari, o le giustificazioni
a posteriori della sua fine. Ben nota era
la fama dei Sibariti molli, lussuriosi,
e tanto pigri che, per legge, sarebbe stato
proibito tenere galli nelle case, perchè‚
il loro canto avrebbe svegliato troppo presto
la gente. Un altro segno della loro ricchezza
è indicato nel racconto di Ateneo: ci sarebbero
state delle tubature di argilla che portavano
vino dalla campagna in città. Nel quadro
della politica estera sibarita si inseriscono
pochi episodi a noi noti; il primo ci è
stato rivelato da una tavoletta di bronzo
scoperta nel santuario di Olimpia nella
quale si legge il testo di un patto di amicizia
(databile al 530 a.C. circa) tra i Sibariti
e i Serdaioi (popolazione che le ricerche
recenti localizzerebbero sulla costa tirrenica,
al confine tra Basilicata e la Calabria
attuali) garante Poseidonia. L'altro fatto
importante è la partecipazione alla guerra
contro Siris, in coalizione con Crotone
e Metaponto; Siris venne rasa al suolo,
intorno alla metà del VI sec. a.C. In concomitanza
con la fondazione della città sulla costa
comincia il popolamento del territorio;
su questo evento, per il quale mancano ancora
dati di scavo sicuri riguardo agli insediamenti
agrari, siamo informati dalle esplorazioni
di due centri indigeni, Amendolara e Francavilla
Marittima . Non è possibile conoscere il
complesso meccanismo che portò alla guerra
tra Sibari e Crotone; è tuttavia da escludere
che lo scontro fosse motivato solo da rivalità
di carattere commerciale. A Sibari era al
potere un tiranno di nome Telys, molto odiato
dall'aristocrazia; infatti il dominio di
quest'ultima doveva essere fortemente limitato
dal tiranno che fondava il suo prestigio
sulle fazioni popolari. A Crotone la spinta
alla guerra, evento naturale tra due stati
confinanti, e per giunta pericolosamente
potenti, fu data dalla forte influenza esercitata
dalla dottrina aristocratica di Pitagora.
Lo scontro avvenne nel 510 a.C. sulle rive
del Traente (oggi Trionto); la tradizione
sul numero dei combattenti, 100.000 Crotoniati
contro 300.000 Sibariti, è evidentemente
esagerata (è più verosimile che 300.000
fosse il numero di tutti gli abitanti di
Sibari in quel momento, compresi i centri
sparsi nel territorio). La battaglia volse
a favore di Crotone. A Sibari la notizia
provocò le ire popolari e i seguaci di Telys
furono massacrati; i Crotoniati posero assedio
alla città e nel volgere di 70 giorni la
presero, la rasero al suolo e, stando a
quanto dice Erodoto (V 45) deviarono il
corso del fiume Crati in modo tale che passasse
sopra le rovine. I Sibariti superstiti ripararono
in parte nei centri rurali dell'interno
(come Torre Mordillo e a Francavilla, sul
Timpone Motta), in parte si rifugiarono
nelle colonie di Laos e Scidro. Tra la data
della distruzione e la fondazione di Thurii
nel 444 a.C. si registrarono alcuni tentativi
da parte dei superstiti di rifondare la
città frustati dall'intervento di Crotone,
sempre vigile. Successivamente, in epoca
di dominio romano, venne fondata la città
di Copia, da cui la città prese il nome
di Sybaris-Copia.
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